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Recensioni Film
DAGON
( H.P. LOVECRAFT'S DAGON )
Brian Yuzna produce e Stuart Gordon dirige questo film ispirato agli scritti di Lovecraft sul mostruoso Dagon, dio degli abissi marini. Due coppie in vacanza , con yatch, lungo le coste della Spagna incappano in una tempesta violenta. La loro imbarcazione si arena su uno scoglio ed una delle due donne si ferisce gravemente ad una gamba. Mentre il marito le presta soccorso, l'altre coppia decide di prendere il gommone ed arrivare su di un isola vicina per cercare aiuto. Una volta giunti li i due si accorgeranno però che l'atmosfera è tutt'altro che amichevole e che gli abitanti dell'isola sono creature deformi. Sarà una discesa progressiva nell'incubo in cui si verrà a scoprire che una mostruosa divinità tiene sotto scacco l'intera comunità esigendo sacrifici umani. Prodotto dalla coppia Yuzna/Fernandez, fondatori della Fantastic Factory (che ha sfornato anche "Faust", "Arachnid" e "Beyond Re-animator"), il film in questione è liberamente tratto dal racconto "L'Ombra su Innsmouth" di Lovecraft. Le cupe atmosfere dello scrittore di Providence si manifestano solo a tratti però lungo il corso della pellicola. "Dagon" è difatti un film riuscito solo in parte che troppo spesso accusa cali di tensione e che ha una sceneggiatura piuttosto debole (che tracolla quando, nella parte finale, rispuntano fuori dei personaggi creduti morti ed inspiegabilmente ancora in vita). Comunque la fotografia è molto bella, le musiche azzeccate e le scenografie del villaggio davvero efficaci. Fra i momenti più riusciti vi sono l'arrivo della coppia all'isola, l'assedio degli abitanti del villaggio all'hotel, il flashback in cui si scopre la verità sul culto di Dagon (forse la parte più bella del film) e la terrificante scena splatter di un volto che viene scarnificato. Nella categoria delle sequenze da dimenticare annetterei il naufragio iniziale (in cui, da un'inquadratura all'altra, il mare risulta in burrasca o placido) ed il finale di film a cui mancano forza ed impatto visivo. Stuart Gordon dimostra per l'ennesima volta il suo altalenante talento.
DARKHUNTERS
Charlie è un uomo come tanti, con una vita come tante, finché un bel giorno scopre che la gente non lo riesce più a vedere, lo specchio non rimanda la sua immagine e strani individui irrompono nella sua esistenza, dandogli la caccia. Durante la disperata fuga, Charlie incontrerà la misteriosa Carol che è in grado di vederlo e che sembra sapere molte cose su ciò che sta accadendo. I due sono uniti da un inquietante destino che coinvolge il paradiso e l'inferno… “Darkhunters” è un prodotto che parte da uno spunto interessante ma che purtroppo soffre la mancanza di mezzi ed una regia non sempre all'altezza delle ambizioni stesse del film. La sceneggiatura è sviluppata in modo approssimativo e abbozza soltanto alcune idee che potevano essere interessanti (i gatti che sono attratti dalla morte e, soprattutto, l'incontro nel canile fra il cacciatore demoniaco e Carol). I momenti efficaci si disperdono, privi di forte amalgama, ed il buon cast, con un ottimo Jeff Fahey, è spesso spaesato. Il regista Roberts, il cui nuovo horror “Forest of the Damned” sarà presto distribuito in Italia dalla Gargoyle Video, esagera con i rallenty e gli inseguimenti, non sempre ha la vicenda in pugno, e riesce a rendere il meglio solo nelle situazioni prettamente d'atmosfera. Deboli gli effetti speciali. Un'occasione mancata.
DEATH TUNNEL
Prodotto a basso costo del 2005, realizzato in digitale direttamente per il mercato home-video, che prende spunto dal triste caso di un ospedale, realmente esistito, costruito attorno agli anni '20, in una cittadina del Kentucky, per arginare un tremendo focolaio di tubercolosi che portò alla morte centinaia di persone. La storia vede cinque studentesse che vengono imprigionate all'interno dell'ospedale abbandonato, per uno stupido gioco di “iniziazione” collegiale, e che dovranno passare 5 ore nel lugubre posto. Ovviamente gli spiriti inquieti dei defunti non tarderanno a seminare terrore. Una trama che si riassume in due righe, trita e ritrita, poteva dar origine ad un b-movie prevedibile ma comunque decoroso. Ciò non accade con questo “Death Tunnel” che riesce a risultare tremendamente vacuo e confuso nonostante le premesse elementari. Colpa di una regia da videoclip sfrenato che, abusando di effetti sonori ed effetti rallenty o accelerati, riesce soltanto a snervare lo spettatore. La sceneggiatura è quasi inesistente e la mancanza di idee palese. Dopo i primi 15 minuti, il tedio avvolge l'intera vicenda e non basta la fotografia lugubre, pesantemente filtrata in post-produzione, e qualche momento sanguinoso a rendere coinvolgente la storia. Scopiazzamenti vari (altro che citazioni…) da “Saw”, “Ring” e addirittura “Operazione Paura” del nostro Bava, non fanno altro che affondare maggiormente la baracca. Passate oltre.
DECOYS
Horror con (e per) teenagers di matrice canadese, datato 2004, che si presenta come una zuppa, in salsa comica, di vari fantahorror (da “L'invasione degli Ultracorpi” a “The Faculty”, passando per “Specie Mortale”) e diverte solo a tratti. Alcuni cadaveri, misteriosamente congelati, vengono rinvenuti nei pressi di un college. Sulla faccenda c'è un alone di mistero che un ragazzo vuole dissipare. Le sue indagini si concentrano attorno ad una confraternita di provocanti ragazze bionde che sembrano possedere un fascino irresistibile nei confronti dei maschi. Un fascino mortale… Il regista Hastings viene dalla televisione (ha diretto alcuni episodi della serie “Oltre i limiti”) e purtroppo si nota. Se si escludono alcuni momenti azzeccati, il resto del film è spesso piatto, verboso e, appunto, paratelevisivo. Le formose attrici, assieme ad alcuni ottimi effetti in computer grafica, restano gli unici punti forti d'attrattiva di “Decoys”. Sceneggiatura coacervo di deja-vu, ironia di grana grossa che di rado coglie nel segno e dialoghi fin troppo sciocchi. Eppure c'è di peggio in circolazione. Con un sequel.
DELIRIO DI SANGUE
(BLOOD DELIRIUM)
Forse il piu' brutto horror italiano di tutti i tempi. La noia e la stupidita' di questa pellicola sono quanto di piu' inimmaginabile si possa pensare.Basta parlar della trama e tutto si fa chiaro..un pittore che si crede la reincarnazione di Van Gogh conserva lo scheletro della moglie morta e scopre che con il sangue si dipinge meglio che con i colori.
In piu' si innamora follemente di un ciospo al femminile davvero impossibile da guardare! Risultato finale? Lei viene rapita, piu' volte insidiata dal ridicolo maggiordomo del pittore e alla fine gli spiriti vendicativi delle persone uccise tagliano na recchia al neo Van Gogh e poi fanno strage.Serve commentare? Non credo..no davvero…
DEMONI 2 - L'incubo ritorna
Dopo il clamoroso successo commerciale di "Demoni" ecco puntuale, l'anno seguente, il sequel firmato dallo stesso Bava.Questa volta la vicenda si svolge all'interno di un grattacielo in Germania e i demonietti assetati di sangue escono fuori da un televisore senza motivo apparente.Il massacro prende immediatamente piede ed inizia la lotta fra una donna incinta e le orde di mostri infernali.Tutta qua la trama, ancor piu' striminzita del precedente film! Gli effetti speciali di Sergio Stivaletti sono stupefacenti ed estremamente sanguinolenti.Per il resto Lamberto Bava si limita a riproporre gli stessi clichè del primo film senza azzardare nulla di nuovo nonostante il budget considerevole fornitogli per questo sequel.E cosi' il film scorre in balia degli effettacci gore senza pero' quell'inquietante tensione che il primo capitolo aveva e senza dare allo spettatore il benchè minimo senso di novita'. Peccato...
DEMONI 3 (BLACK DEMONS)
Terzo capitolo apocrifo della saga inaugurata da Lamberto Bava. In questo film (che nulla c'entra con i precedenti due episodi..evidentemente il titolo è solo una mossa commerciale) assistiamo alle sanguinose gesta di alcuni zombi che risorgono a seguito di un rito vodoo. I morti viventi erano un tempo schiavi che vennero sadicamente maltrattati dal loro bianco schiavista. Cosi' la loro vendetta dall'oltretomba si consumerà ai danni di alcuni ragazzi giunti in Sud-America per una vacanza studio. Lenzi sforna un film che alterna momenti splatter molto truculenti a momenti di pausa alquanto statici e noiosi. La storia è striminzita e la recitazione davvero piatta e poco credibile. Ci si diverte abbastanza a vedere gli zomboni neri massacrare con ganci,catene e machete ma per il resto si sonnecchia e si sbadiglia sensibilmente. "Black demons" è uno degli ultimissimi horror italici di serie B prodotti per il mercato estero alla fine dei gloriosi anni '80. Ho una grande nostalgia di quel tipo di produzioni...sigh....
DEMONIUM
Andreas Schnaas, uno dei pionieri della videoproduzione splatter underground tedesca, esordisce in pellicola 35 mm con questo “Demonium”. Ormai celebre è la sua opera prima: “Violent Shit”, film amatoriale fra i più violenti e disgustosi mai realizzati. “Demonium” è stato girato a Roma con un cast ed una crew quasi totalmente italiani, per il costo complessivo di un miliardo di vecchie lire. In un vecchio castello si raduna un gruppo di persone, tutti parenti fra di loro, per la lettura del testamento di un bislacco zio defunto. Un uomo e una donna, governanti del maniero, sono custodi di terrificanti segreti e saranno artefici di una crudele strage ai danni degli ospiti. Soggetto banale e pretestuoso (ideato dalla moglie di Schnaas), sceneggiatura farneticante, fotografia sciatta, recitazione tremenda. Vi basta ? Pensando all’esordio in pellicola di Schnaas non posso fare a meno di citare anche l’altro indipendente tedesco che ha raggiunto l’ambita meta del 35 mm: Olaf Ittenbach. Anche se il suo “Legion of the Dead” è stato un esordio non del tutto riuscito di certo non può essere paragonato al basso risultato di “Demonium”. Ciò non dipende solo dal fatto che il film di Ittenbach ha goduto di un budget superiore. “Legion of the Dead” , con tutte le sue pecche, possiede comunque una regia abbastanza professionale mentre “Demonium” sembra semplicemente un amatoriale in pellicola. La regia di Schnaas è debole, insicura, raffazzonata con rari spunti interessanti. Il film soffre di lentezza cronica ed anche lo splatter, seppur presente, non raggiunge gli apici delle sue opere passate (onde evitare pesantissime censure e limiti di distribuzione suppongo…). Comunque è in uscita il nuovo lavoro in 35 mm di Schnaas, ossia “Nikos the impaler” che pare sia stato girato a New York. Non ci resta che aspettare, in attesa di risultati più decorosi.
DOLLS
Gioiellino horror prodotto dalla defunta Empire di Charles Band e diretto dall'abile Gordon. La storia vede una casetta alla Hansel e Gretel che diventa il centro d'incontro di diversi gruppi di persone che giungono li' in una notte di tregenda. All'interno della villettina ci sono due vecchietti che costruiscono bambole apparentemente senza alcun scopo di lucro ma esclusivamente per il puro gusto artistico. Presto i vari ospiti della sinistra casetta verranno decimati dalle stesse bambole che ,dotate di vita propria, si accaniranno contro gli umani. Un film che è in grado di generare sani brividi grazie alle inquietanti bambole che si muovono silenziose, micidiali, con occhi vitrei e crudeli. Gli umani vengono uccisi perché privi di fantasia, fautori ed alfieri di un mondo materialista che uccide lentamente ed inesorabilmente l'immaginazione infantile. Solo i due superstiti finali sapranno apprendere la lezione e sapranno capire che in realta' le bambole non sono dei mostri senza pietà… Un film sempre sospeso fra fiabesca atmosfera ed incubo nero con bizzarri effetti speciali fra cui spicca quello in cui un gigantesco orso di peluche si trasforma in un ferocissimo e mostruoso Grizzly! Geniale.
DEMONWARP
Horroraccio del 1988 che, a causa del budget limitato e delle qualità tecniche particolarmente grossolane messe in campo, spreca alcuni spunti bizzarri, ma interessanti, degni di miglior sorte. Un gruppetto di baldi giovani vuole svelare il mistero che si cela dietro le presunte aggressioni compiute da un bigfoot , in una zona boschiva americana. Giunti sul posto i “nostri” vengono prima ammoniti ad andarsene da un uomo (George Kennedy) a cui la creatura mostruosa ha ucciso la figlia ed in seguito vengono aggrediti dal mostro stesso. In fuga dalla minaccia, il gruppo s'imbatterà in zombies ed in una presenza aliena, che sembra essere il fulcro dell'intero mistero. “Demonwarp” gioca le sue carte migliori negli ultimi 20 minuti, dopo aver sufficientemente tediato lo spettatore regalando solo qualche scena sexy e pochi momenti splatter di scarsa qualità. Diretto, fotografato e montato rozzamente, il film è la summa di tutti gli elementi più camp del cinema di serie-z americano. Alieni, morti viventi, bigfoot pelosi, ninfette seminude ed urlanti, recitazione scandalosa e qualche folle idea, a tener faticosamente insieme il tutto. Fra i tanti momenti weird vanno segnalate le aggressioni del bigfoot (il cui make-up è ad opera di Bruce Barlow & John Carl Buechler, autore quest'ultimo anche del soggetto del fim) che mena le mani, spezza ossa del collo,sbudella le vittime con un bastone, disinnesca cariche di dinamite (!!?) e alla fine si fa abbattere come un perfetto idiota. Impagabile Michelle Bauer, che strilla e s'ignuda in perfetto screamqueen style .
DENTI ASSASSINI (FOOD OF THE GODS Part 2)
Toponi famelici all'attacco! In questo filmazzo assistiamo alle scorribande di giganteschi rattoni mutanti generati da un esperimento genetico. Assurdo trash che dovrebbe essere il sequel di un film anni '70 intitolato "Il cibo degli dei" di Bert I. Gordon ma che viaggia ancor di più sull'onda del ridicolo assoluto. Aldilà della storia banale è la realizazione che fa morire dalle risate. Da non perdersi assolutamente gli assalti dei toponi: l'apoteosi dell'effetto speciale assolutamente NON speciale. I topi sono stati ripresi con una telecamere a lente d'ingrandimento ed il filmato che ne risulta viene sovrapposto alla pellicola in cui recitano gli attori. Effetto ridicolo garantito al 100%.Il finale con il bambino gigante poi, è la summa del trash..vedere per credere!!!
DIARY OF THE DEAD - Le cronache dei morti viventi
Nel 2007, due anno dopo “La Terra dei Morti Viventi”, Romero aggiunge un secondo capitolo alla sua nuova trilogia dedicata alle creature che lo hanno consegnato alla storia del cinema. E proprio per seguire “la storia del cinema” , il nostro si misura con i moderni mezzi di riproduzione dell'immagine (il digitale), di diffusione della stessa (il web) ed il moderno linguaggio narrativo cinematografico (il mockumentary ). Il risultato finale è, francamente, non esaltante anche se fortunatamente meno auto celebrativo rispetto a “La Terra dei Morti Viventi” ma comunque in linea con il metaforico/didascalico/didattico utilizzo della figura dello zombie , in cui Romero è specialista. Nel mondo è esplosa un'improvvisa ed inspiegabile epidemia che porta i defunti a risorgere, poco dopo il decesso, e li rende affamati di carne umana. Un gruppo di ragazzi, che stava girando un horror a basso costo, decide di imbracciare le telecamere per documentare gli accadimenti ed inizia un viaggio on the road, attraverso una terra sempre più desolata e sempre più preda di violenza ed orrore. Ciò che noi spettatori vedremo è, appunto, il risultato di queste riprese montate da una ragazza del gruppo, in un documentario dal titolo “The death of death” (la morte della morte). Romero non ha nello stile l'utilizzo del mockumentary finto-traballante, aggressivo e digitale dei vari “Rec” e “Cloverfield” e pertanto utilizza questo linguaggio cinematografico in maniera quasi “analogica” attraverso un editing fatto di rallenty, dissolvenze incrociate e voce over. Pertanto il risultato è bizzarro, spesso poco veritiero e poco logico (i campi e controcampi con doppia telecamera nei dialoghi, la grande stabilità delle riprese anche in situazioni estreme) ma comunque pervaso da un buon ritmo che rende scorrevole la visione. Ciò che probabilmente funziona meno in “Diary of the Dead” (orribilmente ribattezzato da noi come “Le cronache dei morti viventi”) è proprio il messaggio che vuole mandare al pubblico. Lo stato d'assedio in cui ci troviamo non è dato dai morti viventi, ma piuttosto dai mass-media (siano essi televisivi o virtuali) che ormai ci raccontano le verità che dobbiamo sapere e oscurano ciò che non va saputo. Un mondo assuefatto alla riproduzione dell'immagine, “zombificato” da una finzione in cui siamo (inconsapevolmente ?) intrappolati e che viviamo tutti i giorni della nostra vita. Romero ci dice questo con il suo film e lo fa, purtroppo, in modo troppo spesso ridondante ed utilizzando metafore elementari. Il “papà dei morti viventi” ha ancora tutto il mestiere necessario per sfornare un buon horror ma sembra legato, quasi forzatamente e stancamente, a quest'icona di narratore dei mali sociali del mondo, attraverso la lente distorta del film sui morti viventi. Inevitabile che le frecce all'arco terminino e che i concetti si ripetano, nonostante alcuni passaggi più “sottili” riescano ancora a trasmettere un messaggio forte, seppur ad intermittenza. Se “Diary of the Dead” viene sfrondato di tutti questi orpelli, ciò che resta è un discreto horror dotato di validi effetti speciali, recitato un po' sottotono ma non privo di momenti efficaci : si va da quelli più truculenti, agli sprazzi ironici e bizzarri (uno su tutti, la comparsa dell'amish sordomuto), passando pure per qualche scivolone nel comico involontario. La neo-trilogia romeriana si concluderà nel 2009 con “Survival of the Dead”.
DOG SOLDIERS
Un plotone di soldati si ritrova in una situazione a dir poco assurda. Durante un'esercitazione nelle disabitate lande scozzesi viene aggredito da uno "squadrone" di lupi mannari. Questi ultimi sono organizzati come un vero plotone di marines e cingono d'assedio i soldati che vanno a rintanarsi in un casolare. Sarà una vera e propria guerriglia fra gli umani ed i licantropi. Deludente film che ha pochi buoni momenti e troppi attimi di stasi, dialoghi eccessivamente verbosi ed una sceneggiatura alquanto traballante. Ciò che comunque ho apprezzato di meno nel film è la regia che trovo piuttosto scriteriata. Il regista possiede indubbiamente una tecnica eccellente ma la usa in maniera stucchevole. Ci sono momenti di dialogo scorrevole che vengono diretti e montati incomprensibilmente in maniera frenetica in stile videoclip e scene d'azione che sono costituite da lunghi piani sequenza che spesso ottengono l'effetto di rallentare lo svolgimento invece di renderlo serrato. Non manca dell'ironia a condire la storia ma non basta a salvare la situazione. Gli effetti speciali sono abbastanza buoni, anche se realizzati a basso costo, ed il gore è dosato con parsimonia. Diligenti gli attori (il capo del plotone di umani è forse il migliore come recitazione ed è d'impatto la scena in cui gli viene praticata un'operazione senza anestesia) ma risulta assai forzato l'inserimento della donna all'interno della vicenda. E' un peccato vedere un'idea di base buona ed abbastanza originale venir vanificata cosi'. Intendiamoci, "Dog Soldiers" non è un brutto film , a mio parere, ma semplicemente un film non riuscito.
DON'T GO NEAR THE PARK (NIGHTSTALKER - CURSE OF THE LIVING DEAD)
Prologo: Nella preistoria (o giù di li…) un vecchia strega maledisse i suoi figli, una coppia di negromanti dediti ad atti di cannibalismo e li condannò ad una vita eterna di patimenti ed invecchiamento, senza possibilità di morire. Ai giorni d'oggi, i due vagano ancora sulla terra alla ricerca di una vergine di 16 anni da sacrificare per spezzare la maledizione che grava su di loro e guadagnare cosi' la tanto agognata eterna giovinezza. Addirittura il maschio decide di mettere incinta un'ignara donna pur di poter avere una figlia da immolare (chiaramente dopo aver atteso 16 anni!!!). Ma tanto è fatica sprecata, perché il bene vince anche in questo caso. Epico esempio di trash, realizzato alla fine degli anni '70 e distribuito nel 1981, che definire immondizia è eufemistico. Un disastro completo, dalla trama confusa, sconclusionata e delirante alla regia estremamente sciatta. La fotografia è quasi sempre sovraesposta o bruciata, il montaggio rozzissimo, l'audio tremendo con echi e riverberi a iosa e, soprattutto, la recitazione è raccapricciante. Aldo Ray e una giovanissima Linnea Quigley sono coinvolti nel miasma generale. Gli eventi si susseguono senza logica spazio-temporale, i personaggi fanno e dicono cose stupidissime e, ogni tanto, qualcuno viene ucciso regalandoci qualche scena splatter. Da antologia del trash l'incipit del film, con un paesaggio di campagna, che vorrebbe essere preistorico, ed una grotta di cartapesta, scossi da un terremoto simulato con convulsi movimenti della telecamera mentre una strega , dotata di parruccone bianco ed un costume carnevalesco, farnetica maledizioni. Oppure come non menzionare il duello fra negromanti a suon di raggi laser (!!??!), fiamme posticce e morti viventi. Roba da matti.
DRAG ME TO HELL
Il ritorno di Raimi all'horror, dopo la saga di “Spider Man” che sembrava aver allontanato definitivamente il regista del suo genere d'origine, è stato un evento molto atteso dai fans di tutto il mondo e probabilmente molti di essi non resteranno delusi da questo “Drag me to Hell”. La storia è più semplice che mai e vede la giovane Christine, impiegata in banca, subire una terribile maledizione da parte di una vecchia megera a cui non ha potuto/voluto concedere un ulteriore credito finanziario. La vita della ragazza si trasformerà repentinamente in un inferno sulla terra e verrà perseguitata da mostruose apparizioni e violenti fenomeni poltergesit . Per Christine sarà l'inizio di una disperata corsa contro il tempo nel tentativo di annullare la maledizione che grava su di lei, prima che Satana la reclami agli inferi definitivamente. La cosa più interessante di questo “Drag me to Hell” sta nell'abilità da parte di Raimi di riproporre il suo stile horror, un frenetico mishmash in costante bilico fra gore disgustoso e grottesche situazioni da cartoon che contraddistingueva il suo cult “ La Casa ” e i relativi seguiti, attualizzandolo con gli odierni aspetti tecnici, narrativi e commerciali del cinema horror. Operazione meno facile di quel che possa sembrare vista l'attuale, preoccupante, tendenza di molti registi “storici” di rifare se stessi abulicamente piuttosto che produrre qualcosa che possegga ancora doti frizzanti e che non sia forzatamente ancorato al passato. E “Drag me to Hell” è frizzante. Forsennato, genuinamente divertente, senza pretesa alcuna se non quella di intrattenere le platee. Scritto da Sam Raimi e dal fratello Ivan, il film funziona bene per oltre un'ora salvo poi subire un calo nel finale, decisamente troppo baracconesco e prevedibile. Ma l'ottima tecnica di regia, gli effettacci che imperversano per i 100 minuti di durata (la povera protagonista Alison Lohman riceve un'esilarante ed incalcolabile quantità di putridi liquami in volto), il divertente e divertito cast e le eccellenti musiche di Cristopher Young fanno si che “Drag me to Hell” raggiunga egregiamente i suoi obiettivi. Nessun capolavoro in vista, ma di sicuro un solido b-movie che non mancherà di strappar brividi e risate.